“Il nostro comune amico” Libro 2, cap. XI

Torniamo a seguire le vicende amorose della povera miss Peecher innamorata del maestro di Carletto. Poverina, lei è così educata nel suo amore non corrisposto, ma diciamocelo per come la descrive Dickens è proprio una palla al piede senza alcuna attrattiva. Mi fa venire in mente quelle ragazze educate ad essere brave e buone, ma che non hanno curiosità e quindi non riescono a guardare il mondo (nel suo bello e nel suo brutto) perché a furia di tenere lo sguardo basso non vedono nulla. La modestia, l’educazione non possono essere, allora come oggi, catene e carcerieri per fantasia e coraggio di guardare il mondo. Il paragone con Lisetta (anche lei modesta ed educata, ma coraggiosa di rapportarsi agli altri, al diverso) diventa quindi impietoso per miss Peecher. Essa vive poi nel suo mondo di fantasie e di ricordi fittizi.

Il vigile diventa un po’ lo spione della maestra, la quale viene a sapere un po’ di preoccupazioni del pesce lesso-maestro e riesce a fare riferimento alla presenza di Lisetta. Dalle prime battute (“Ma che nome è Lisetta?”) si nota una normale antipatia, tipicamente femminile che sfida la zitellaggine in acidità. Stupisce non tanto l’interrogatorio che ella fa alle sue allieve per saperne di più, ma che una di loro sappia un sacco di cose su Lisetta! Va bene che è sorella di un altro allievo, ma tutta confidenza è alquanto sospetta (c’era del tenero fra Carletto e questa Anna Maria? Ricordo vagamente…).

L’ignaro maestro Bradley interrompe questo interrogatorio per chiedere un favore alla maestra e questo la mette ancora più in ansia, non tanto per il favore in sè, ma per le notizie che ha appena ricevuto su Lisetta e non può che pensare che lui stia andando da lei. L’educazione (e soprattutto farsi i fatti propri, per una volta tanto) le impediscono di chiedergli la “verità” e con fastidio lo vede allontanarsi proprio verso Lisetta (come ci sottolinea quella portinaia di Dickens. Secondo me ci gode a mettere certi personaggi in difficoltà o in cattiva luce. Vecchia portinaia di un Charles!).

Dickens un po’ infierisce e un po’ si intenerisce di fronte a questo maestro definito “acqua cheta” che di colpo, senza potersi opporre, incappa nell’amore a prima vista, nel colpo di fulmine, e non riesce a distogliere lo sguardo dal suo oggetto d’amore. Bradley non si ferma nemmeno davanti al fatto di dover aspettare Lisetta in compagnia di Uccellino e delle sue occhiate maliziose, perché ella ha già capito tutto. Uccellino è chiara nel suo modo di fare e di esprimersi e non le piace che Carletto sia così “padre padrone” nei confronti della sorella. L’interrogatorio di Uccellino viene interrotto (oh è giornata di interrogatori questa!) dall’arrivo di Lisetta che un po’ rimane basita della presenza dell’ospite inaspettato.

Per quanto Uccellino chieda di essere aiutata ad andare al piano di sopra, Lisetta preferisce che ella rimanga insieme a loro. Non so se la ragazza si fidi o meno del maestro, ma stranamente dimostra una diffidenza che mai aveva mostrato prima: che si stia scantando? La situazione rende imbarazzato Bradley che inizia a balbettare cose senza senso. Il punto della faccenda è che a Carletto (e a Bradley) non piace che Wrayburn si interessi alla ragazza.

I sentimenti dei due ragazzi passano attraverso i colori del loro volto, ma come sottolinea Dickens in quello di Lisetta si muovono rabbia, disgusto e paura, sentimenti che non mi sarei immaginata di vedere sul suo volto; come non mi aspettavo la fermezza con cui ella replica alle rimostranze di Bradley di fronte al fatto che Eugenio si sia proposto a darle un’istruzione. Una fermezza molto moderna, con un pizzico d’antico, perché rivendica il fatto di aver deciso di accettare per la carineria dell’avvocato, ma anche perché nessuno le aveva proposto null’altro di simile prima e quindi il fratello non poteva vantare diritti sulle sue scelte.

La gelosia e il dolore rodono dentro l’animo del maestro è visibile. Il capitolo è emozionante perché finalmente i personaggi escono dalla situazione di mere figurine poste a caso per esprimersi in tutta l’emozione della propria vicenda. Questo maestro follemente innamorato che si vede scavalcato da uno sconosciuto più altolocato, ma che soprattutto viene totalmente ignorato dalla ragazza amata, mostra come un demone interiore che lo sta divorando e Dickens descrive bene la situazione scegliendo di ripetere le parole, di scolorire i volti, di stringere violentemente le mani sulla sedia. Uccellino ha capito subito la pericolosità di tale atteggiamento e cerca inutilmente di mettere in guardia Lisetta che però pare non capire le metafore (qui è tornata un po’ tonta come ci aspettiamo che sia).

Tornata la calma nella casa, le due ragazze si dedicano alle chiacchiere e Uccellino, sempre con il suo acume e intelligenza, cerca di stimolare l’amica a parlare di Wrayburn, cercando di capire se prova qualcosa e quanto lo conosce. Uccellino cerca proprio di far capire cose all’amica, ma ella è di coccio, quindi è come se la lasciasse perdere e si perde lei stessa in fantasie così “estreme” per una povera ragazza come è che la nostalgia e il dolore la colpiscono in modo sorprendente. E’ proprio vero che chi mostra la propria corazza agli altri è perché dentro è fragile e dolorante.

“The Courtship” George Cochran Lambdin (1830 – 1896)